Una mujer fantástica

Una donna fantastica

REGIA
Sebastián Lelio

CON
Daniela Vega, Francisco Reyes,

ANNO
2017

NAZIONALITÀ
Cile / Spagna / Germania / USA

DURATA
100 min.

PREMI:

  • Premio Oscar come miglior film in lingua straniera
  • Festival di Berlino: Orso d'argento per la migliore sceneggiatura
  • Teddy Award per il miglior film
  • Premio Goya: Miglior film straniero in lingua spagnola

Condividi su...

Una mujer fantástica

Una donna fantastica

Oscar 2018 come Miglior film in lingua straniera (è il terzo film latinoamericano di sempre, dopo gli argentini La Historia Oficial e Il segreto dei suoi occhi), il nuovo dramma dell’autore cileno narra di Marina, una straziante e splendida Daniela Vega, che dopo la perdita del compagno affronta gli attacchi irosi dei familiari, specchio di una società intollerante e conservatrice. Film che evoca Louis Malle, Hitchcock e un senso di almodovariana malizia.

Latinoamericana //

#LGBT

Santiago del Cile. Orlando, un ultracinquantenne imprenditore tessile, ha una soddisfacente relazione con Marina e intende festeggiarne il compleanno con un viaggio alle cascate di Iguazu. La sera della ricorrenza ha un malore in seguito al quale cade dalle scale di casa. Marina lo porta all’ospedale e avvisa il fratello che sopraggiunge. Orlando è deceduto e Marina viene invitata dalla ex moglie a tenersi lontana dalle esequie e dalla sua famiglia. Non perché sia l’amante ma perché è una transgender.

Quello che emerge da ciò che deve subire Marina é uno scenario di quotidiana grettezza in cui i protagonisti non vedono o, meglio, fingono di non vedere la realtà. Marina è donna nel profondo e nella relazione che ha iniziato con Orlando non é contemplata alcuna forzatura né da una parte né dall’altra. La società invece le cerca anche quando non ci sono perché sembra non poter essere altrimenti. Ecco allora che, pur con tutte le cautele, la responsabile del servizio di tutela dei minori cerca tracce di colluttazione tra i due partner pur sapendo che Marina è maggiorenne e potendo constatare con facilità le circostanze che hanno visto Orlando cadere per le scale e causarsi ferite ed ematomi. La ex moglie si erge a sua volta a difesa del coniuge e dell’onore della famiglia quasi che all’uomo spettasse la medaglia dell’innocente irretito nel gorgo della perversione. L’unico in grado di comprendere la situazione, ma impossibilitato ad andare oltre le convenzioni, finisce con l’essere il fratello del defunto.

Produttore di questo film è Pablo Larrain, un regista da sempre attento alle tematiche sociali, che questa volta decide di spezzare una lancia in favore dei diritti di chi, secondo i benpensanti, non dovrebbe averne alcuno.

In giorni in cui il neoeletto presidente degli Usa Donald Trump decide di non difendere più, davanti alla Giustizia, la linea del suo predecessore che permetteva di utilizzare bagni e spogliatoi non secondo il sesso di nascita ma secondo la propria identità di genere, film come questo ci ricordano che, al di là delle esasperazioni da cui non sono esenti anche alcuni sostenitori del transgender, esistono dei diritti umani che debbono essere rispettati e tutelati. Spiace solo che non sia stato Larrain stesso a trovarsi dietro la macchina da presa. Perché si sarebbero evitate alcune cadute nella retorica più deja vu che non fanno bene alla causa che il film sostiene. È sufficiente citarne una per far comprendere le ragioni di questa osservazione: mettere come colonna sonora del momento in cui Marina va a consegnare l’auto di Orlando alla ex moglie “Natural Woman” di Carole King appare banale e scontato anche perché nulla aggiunge (semmai toglie) alla valida interpretazione della protagonista.

Giancarlo Zappoli

altri film

tappe

film

registi

partner