Tardes de soledad
Pomeriggi di solitudine
REGIA
Albert Serra
SCENEGGIATURA
Albert Serra
FOTOGRAFIA
Artur Tort Pujol
MUSICA
Marc Verdaguer
PRODUZIONE
Andergraun Films, Lacima Producciones, Idéale Audiences, Rosa Filmes
CON
Andrés Roca Rey
ANNO
2024
NAZIONALITÀ
Spagna, Francia, Portogallo
DURATA
105 min.
PREMI
Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián 2024: Vincitore della Concha de Oro per il miglior film.
Condividi su...
Tardes de soledad
Pomeriggi di solitudine
Un documentario che ritrae il giovane e carismatico torero di origine peruviana Andrés Roca Rey. La vestizione, l’attesa, l’ansimo, lo scontro, l’animale trascinato sulla sabbia dorata in una scia di rosso, il silenzio che segue l’acclamazione, la svestizione che rivela le fasciature insanguinate.
L’antico spettacolo della tauromachia, la messa in scena della morte in una lunga agonia, un rituale che si tramanda da secoli, è oggetto del nuovo film di Albert Serra Tardes de soledad, approdo al documentario per il filmmaker catalano. Un cinema del reale anomalo, che non spiega nulla e che lascia tanti coni d’ombra, ma dove emerge la figura di un torero impaurito e ferventemente religioso, nei suoi lunghi duelli con il toro. Al Festival dei Popoli per l’omaggio al cineasta dopo l’anteprima al 72° San Sebastián International Film Festival, dove ha vinto la Concha de Oro.
La Nueva Ola //
Uomini e tori
La prossima volta faremo meglio, dicono i medici al capezzale del Re Sole in chiusura del film di Albert Serra La mort de Louis XIV, una frase memorabile. Ora la stessa frase viene detta nel nuovo film del regista catalano Tardes de soledad (Afternoons of Solitude il titolo internazionale), presentato al Festival dei Popoli nell’ambito di un omaggio al cineasta dopo la vittoria a San Sebastián. A dirla è uno dello staff del torero Andrés Roca Rey, alludendo alla sua capacità di far esaltare il pubblico. Un’allusione interna nella filmografia del regista potrebbe essere un semplice caso in un documentario, il suo primo peraltro, sulla corrida oppure il frutto di una manipolazione nell’ambito di un approccio personale, come vedremo, al cinema del reale. Di fatto Serra torna a fare un film sull’agonia, quella dei tori ripresi nei loro ultimi rantoli, che è l’agonia di un’epoca probabilmente al tramonto. La tauromachia sempre più discussa per l’accrescere di una sensibilità animalista da un lato, ma anche per quell’antica e anacronista ritualità, e quello sfoggio di abiti sfarzosi, barocchi come quelli della nobiltà francese prima della Rivoluzione. Serra punta i riflettori su un antico spettacolo, che è uno spettacolo di morte, quella del toro ovviamente grondante di sangue per le spade e gli uncini conficcati, che si getta negli ultimi disperati, spasmodici attacchi prima di crollare esanime. Ma anche il torero rischia la vita a ogni incontro e lo spettacolo offerto al pubblico potrebbe anche essere quello della sua morte. Ancora una volta, in entrambi i casi, un momento come quello del trapasso che viene reso pubblico, davanti a un’arena di spettatori proprio come i medici, e con loro tutta la Francia, al capezzale di Luigi XIV.
La tauromachia è uno spettacolo antico e ancestrale che mette in scena la natura contro la cultura, con la seconda che, quasi sempre, domina la prima, lo scontro tra la bestialità, l’animalità rappresentata dal toro con atteggiamento ferino, e l’eleganza fatta di abiti sfarzosi e gesti codificati come passi di danza del torero. Serra, nel suo primo documentario, porta dentro questo conflitto nella sua illustrazione della corrida. Non lesina sugli aspetti più cruenti, quegli stessi che neanche le telecronache ufficiali mostrano più, come il colpo di grazia che si dà al toro conficcandogli una pugnalata sulla fronte. Ma al contempo ammanta il tutto di una bellezza pittorica, dove il sangue diventa una pennellata di rosso. Un rosso che vediamo all’inizio, nella prima svestizione del torero che già mostra una grande chiazza di sangue, anticipatrice di quello che scorrerà in tutto il film. La prima immagine comunque è proprio quella di un toro, del suo sguardo fiero in camera, segno comunque di non voler perseguire una semplice visione antropocentrica ma quella di un confronto con l’uomo rappresentato qui dal pubblico.
La prossima volta faremo meglio. Tornando alla battuta di cui sopra, questa viene seguita da un’altra frase, allusiva al crescente entusiasmo del pubblico rispetto alle prodezze del torero: tutti vorranno succhiartelo. Nello spettacolo dominato da Thanatos compare anche Eros, c’è spazio anche per la dimensione di sessualità che quello spettacolo antico pure contiene. In una delle svestizioni del torero, da quegli abiti così ampollosi da sembrare oggi giorno ridicoli e queer, si intravedono anche gli attributi virili che ovviamente sono da contrapporre alle palle del toro in un confronto di virilità. Le espressioni del torero nella corrida appaiono spesso ridicole quando non assimilabili a quelle di un godimento sessuale. Chi è il torero Andrés Roca Rey, giovane e di origine peruviana? Perché ha scelto di intraprendere quella carriera con i rischi che comporta? Nulla viene detto in merito. Rimane una figura enigmatica, spesso attaccata a simboli religiosi, il rosario, un quadretto con una pietà, in chiave scaramantica, per il pericolo di morte cui incorre a ogni corrida. La religione è quindi l’ulteriore elemento chiave di questa raffigurazione della cultura iberica. Sappiamo che, visto il film compiuto, Andrés Roca Rey ha intrapreso una battaglia legale con Serra perché non contento di come sia stato ritratto. Il che significa che questo documentario è stato fatto in opposizione al suo soggetto.
Sono tante le anomalie che Serra introduce, nel suo primo doc, rispetto ai tradizionali approcci del cinema del reale. Manca qualsiasi aspetto didascalico al punto che, per chi non conosca le regole della corrida o quantomeno una sua basilare struttura, vedere Tardes de soledad non aiuta certo a capirla e, solo dopo un po’, si riesce a intuirne la dinamica. Manca la volontà di mostrare tutti gli spazi e che cosa stia succedendo in questi. Mancano inquadrature da lontano o dall’alto, esplicative come nel linguaggio televisivo. La lotta del torero con il toro è spesso resa con immagini ravvicinate, schiacciate. Predominano i momenti del torero con il suo staff in automobile, mentre si recano agli incontri, che parlano di varie cose, senza che si veda cosa succeda fuori dal finestrino. Sono momenti glaciali, sospesi, alcuni accompagnati dalla musica di Sibelius. Sempre ripetuti con lo stesso punto di vista, con la mdp a distanza ravvicinata dal torero che alla fine sarà sostituito da un sedile vuoto. Ma il più grande fuori campo è quello del pubblico che affolla le arene, mai ripreso se non in quei momenti dove non sia possibile evitarlo. Serra ragiona sulla essenza vera degli spettatori, su un’audience superiore, quella del film anche quella della storia, in un cinema che spesso segue la drammaturgia della storia dove i personaggi sono delle piccole pedine.