Los girasoles ciegos
I girasoli ciechi
REGIA
José Luis Cuerda
CON
Raúl Arévalo, Maribel Verdú, Javier Cámara, Irene Escolar
ANNO
2008
NAZIONALITÀ
Spagna
DURATA
98 min.
PREMI:
- Miglior sceneggiatura ai Premi Goya 2009.
- Maribel Verdù - Miglior attrice Protagonista ai Fotogramas de Plata '09 di Madrid
Condividi su...
Los girasoles ciegos
I girasoli ciechi
Il sessantenne professore di regia cinematografica all’università di Salamanca, Josè Luis Cuerda, è il regista pluripremiato al “Goya”, come sceneggiatore sia di La lengua de las mariposas (1999) sia di Los girasoles ciegos (Spagna 2008). Quest’ultimo film è stato proiettato in concorso al 13° festival di Verona “Schermi d’amore” (24 –29 aprile 2009), facendoci rivivere i cupi giorni del franchismo, le cui vendette verso gli avversari politici seminavano cadaveri.
Il titolo è già la sintesi dell’assunto filmico: i papaveri sono ciechi, ma il sole li anima. Il sole in questo contesto è una ideologia assurda che guida alla chiusura della pietas. Siamo in pieno rigurgito dittatoriale franchista in cui una parte del clero spagnolo è coinvolto oltre il limite nel franchismo.
Il diacono Lorenzo invaghito della moglie di un perseguitato politico nascosto in una nicchia ricavata da una parete della camera da letto degli sposi, spinge a tal punto la sua passione da denunciare alla polizia la presenza dell’antifranchista, visto da lui quale incarnazione del male.
L’indagine del regista non concede giustificazioni all’impalcatura di uno sciovinismo che ammorba anche una pur timida apertura evangelica. Il fanatismo politico, sposato a quello religioso, uccide, per il regista, ogni residuo di sensibilità intellettuale e umana.
I fatti sono incanalati in una innervatura vibrante ora di commozione ora di cinismo (vedasi il viso straziato di Elena – la moglie di Ricardo, il perseguitato politico – travolta dall’immolazione estrema del marito o la riluttante scena del brillantinato gerarchetto indagatore).
Sequenze in cui, per il regista, lo Spirito divino aleggia sugli animi di chi non crede, abbandonando quelli che ne hanno travisato il dettato.
Tutti gli attori, dalla pungente ed essenziale Maribel Verdù (Elena) al sognante Javier Càmara (il latitante) sino alla conturbante, leggermente istrionica interpretazione di Raùl Arèvalo (il diacono fanatico), procedono in un avvincente percorso che induce a riflessioni composite.