La camarista
La domestica
REGIA
Lila Avilés
SCENEGGIATURA
Lila Avilés, Juan Carlos Marquéz
FOTOGRAFIA
Carlos Rossini
PRODUZIONE
La Panda, Amplitud, Bambú Audiovisual
CON
Gabriela Cartol, Teresa Sánchez, Agustina Quinci, Alán Uribe
ANNO
2019
NAZIONALITÀ
Messico, USA
DURATA
102 min.
PREMI
- Oscar 2020:
Candidato per il Messico al Miglior Film Internazionale - Premi Ariel 2019:
Miglior Opera Prima - Festival di Marrakech 2019:
Premio della Giuria - Morelia International Film Festival 2018:
Miglior Film - Festival di La Habana 2018:
Premio della Giuria
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La camarista
La domestica
La timida e riservata Eve lavora come cameriera in un hotel di lusso a Città del Messico. Le richieste dei facoltosi ospiti, spesso bislacche e pretenziose, non fanno che sottolineare il divario socioeconomico tra inservienti e clienti dell’alloggio, parabola di un’intera nazione, divisa più che mai tra chi si trova sempre più in alto e chi può solo aspirare a salire faticosamente un gradino nella scala sociale.
Candidato messicano all’Oscar 2020 al miglior film internazionale, Lila Avilés ha messo a frutto la lunga esperienza teatrale, partendo da una pièce già portata sul palcoscenico dall’attrice e regista.
All’origine del film c’è anche il libro Hotel della fotografa e visual artist Sophie Calle, frutto della sua esperienza come cameriera in un hotel a Venezia. Come una spia, Calle fotografò tutti gli oggetti, i rifiuti e i vestiti che gli ospiti lasciavano nelle loro stanze, comprendendo il loro comportamento e personalità attraverso le loro cose.
Latinoamericana //
Per il suo debutto nel lungometraggio (girato in diciassette giorni), Lila Avilés ha messo a frutto la lunga esperienza teatrale. La camarista, infatti, si ispira a una pièce già portata sul palcoscenico dall’attrice e regista.
All’origine, c’è il libro Hotel della fotografa e visual artist Sophie Calle, frutto della sua esperienza come cameriera in un hotel a Venezia. Come una spia, Calle fotografò tutti gli oggetti, i rifiuti e i vestiti che gli ospiti lasciavano nelle loro stanze, comprendendo il loro comportamento e personalità attraverso le loro cose. Dalle suggestioni provenienti da quel testo, Avilés ha costruito una storia seguendo la vita quotidiana di alcune cameriere messicane.
Candidato messicano l’Oscar al miglior film internazionale, La camarista potrebbe ricordare Roma. Come nel film di Alfonso Cuáron focalizzato attorno all’umile domestica, anche qui al centro della narrazione troviamo una donna modesta e silenziosa.
L’obiettivo sembra essere quello di analizzare lo stato dell’intera nazione, divisa più che mai tra chi si trova sempre più in alto e può garantirsi tutti i confort e chi può solo aspirare a salire faticosamente un gradino nella scala sociale.
Giocando con la geometria, la regista pone spesso la protagonista in una situazione di isolamento o inferiorità quando la segue sul lavoro. La colloca da sola nell’immagine, quasi lasciando che il design elegante delle stanze sottolinei il suo essere fuori luogo in un posto ostile. Oppure la inquadra dall’alto in un ascensore claustrofobico, mentre un silenzio imbarazzato invade il campo.
Al contrario, nei momenti in cui si trova con i suoi pari, lo sguardo orizzontale mette tutti sullo stesso piano: sta nella forza di volontà la chiave per emergere nella massa, nell’istruzione la possibilità di costruire un’esistenza che non sia subalterna ai più potenti.