Campeones
Campioni
REGIA
Javier Fesser
CON
Javier Gutiérrez, Luisa Gavasa, Itziar Castro, Daniel Freire, Jesús Vidal
ANNO
2018
NAZIONALITÀ
Spagna
DURATA
118 min.
PREMI
- Premio Goya 2019:
Miglior Film
Miglior Attore Esordiente (Jesús Vidal)
Condividi su...
Campeones
Campioni
Javier Gutiérrez (già apprezzato negli ultimi anni in El autor, La Isla Mínima, Desconocido, El olivo), veste i panni di Marco, arrogante allenatore di una squadra di basket professionista. Sorpreso alla guida in elevato stato di ebbrezza, viene condannato a nove mesi di servizi sociali che consistono nell’allenare una squadra di pallacanestro di persone con disabilità intellettiva.
Dalla serie A a una piccola palestra di periferia: l’impatto iniziale non è dei migliori. Commedia oltre ogni pregiudizio: Javier Fesser centra l’obiettivo di divertire facendo pensare. Miglior film e Miglior Attore Esordiente (Jesús Vidal) agli ultimi Premi Goya.
La Nueva Ola //
Un pretesto banale quello di Fesser, che però gli permette di indagare in maniera veritiera e naturale, quante barriere può costruirsi l’uomo comune davanti a qualcosa che non conosce.
L’atteggiamento di Marco quando incontra la sua nuova squadra è tra l’incredulo e il disperato. Non sa approcciarsi a queste persone seppur da subito si dimostrano molto aperte nei suoi confronti. Le definisce subnormali, mongoloidi; è convinto che non riusciranno mai neanche a prendere una palla in mano, figuriamoci a disputare una partita. Il suo è un atteggiamento di superiorità.
Inutile dire che, col passare dei giorni, l’allenatore inizierà a conoscere sempre più i suoi allievi, apprezzandone di ognuno le peculiarità, creando un gruppo coeso e, con l’aiuto della compagna Sonia (Athenea Mata), a scalare la classifica del campionato a cui la squadra è iscritta.
A ben vedere, la sceneggiatura (dello stesso regista insieme a David Marqués) non ha nulla di originale. Scorre lineare senza grandi colpi di scena e anzi, volendo fare i pignoli, alcuni personaggi, come la madre e la compagna di Marco, sono veramente delineati con pochi tratti sfocati.
Eppure il film funziona.
Fesser ha capito subito di dover puntare sui personaggi e lo fa in maniera brillante. Non solo sceglie un cast di veri disabili mai stati prima d’ora su un set cinematografico, ma li glorifica facendo sì che diventino loro, coi loro gesti, la loro fisicità, le frasi reiterate all’infinto, le cantilene…i protagonisti assoluti.
Gutierréz, che è un ottimo attore, diventa così la loro spalla, riuscendo a tirar fuori tanta esilarante spontaneità.
E’ racchiusa qui la magia del regista che riesce ad emozionare attraverso una risata sincera.
Non è mai facile trattare il tema della disabilità senza scadere nella retorica, nella commozione forzata. Fesser, invece, ci dà modo, in maniera delicata e vera, di approcciarci a questo gruppo di persone come se li stessimo conoscendo personalmente. E ognuno di loro, con la sua particolarità, ci colpisce positivamente. L’ipocondriaco, il ragazzo che ti abbraccia forte, l’unica ragazza del gruppo che si esprime a “parolacce” sono fantastici singolarmente, e una forza della natura quando sono insieme.
L’autore non sembra volerci dire il classico “siamo tutti uguali”, bensì “siamo tutti diversi, rispettiamoci”. Ed è un messaggio importante in tutte le epoche, a tutte le età, in tutte le classi sociali. Perché ancora tutti noi, come Marco, (si veda la scena dell’autobus) non riusciamo a vedere al di là del nostro naso e non riusciamo ad avere un atteggiamento di apertura nei confronti di ciò che non è già noto.
L’intero film è pervaso da un clima scanzonato di gioia e di risate. In fondo, ci riconosceremo in Marco, soprattutto quando arriverà a capire che l’unico che ha dei problemi, è proprio lui. Grazie ai suoi nuovi amici riuscirà a confrontarsi con la sua “allergia” alle responsabilità e con il suo solito scappare davanti alle avversità della vita. Riuscirà anche a tenersi per sempre accanto la sua Sonia, decidendo finalmente di provare ad avere un figlio.
Non ci resta che vincere diverte, è vero, ma non mancano scene più toccanti, come quella della doccia ad esempio, in cui uno dei componenti della squadra vince una delle sue più grandi paure grazie alla passione per gli animali. O quella, naturalmente, della partita finale che è un tripudio di felicità: vincenti, avversari, pubblico sono tutti travolti da questa ondata di entusiasmo.
Aver scelto lo sport, il basket in particolare, come sfondo a una storia così piacevole e diretta, è un altro dei meriti di Fesser. Sport visto come qualcosa che unisce, che diverte, che fa bene alla salute fisica e mentale, che crea grandi amicizie.
A livello prettamente tecnico poi, è anche un pretesto che gli permette di rimarcare le sue doti registiche. La partita finale infatti, anche grazie ad un ottimo montaggio, è ben girata, crea momenti di pathos ed emoziona lo spettatore che naturalmente tifa per “Los Amigos”, la squadra di Marco.
Non ci resta che vincere è una commedia brillante dal messaggio potente.
Campione d’incassi in Spagna, è stato scelto per concorrere agli Oscar del prossimo anno.
Sarebbe un’idea intelligente proporre la visione di questo film all’interno degli istituti scolastici. Nel frattempo possiamo godercelo al cinema da giovedì 6 dicembre.
Violetta Biagiotti